Castel Giorgio, 2 dicembre 2023

“Che cosa è normale? Niente. Chi è normale? Nessuno. Quando si è feriti dalla diversità, la prima reazione non è di accettarla, ma di negarla (……) La normalità – sottoposta ad analisi aggressive non meno che la diversità – rivela incrinature, crepe, deficienze, ritardi funzionali, intermittenze, anomalie. (…) Non è negando le differenze che lo si combatte, ma modificando l’immagine della norma.”

Queste frasi estratte dal libro di Giuseppe Pontiggia “Nati due volte” descrive a mio avviso perfettamente lo spirito della bellissima due giorni di sport che ho avuto il piacere di vivere, invitato da Elena Marchesini e dal suo compagno Francesco Conticelli della “Bottega Conticelli”, main sponsor e organizzatore dell’evento.

Parliamo del Torneo Titti Totti (gioco di parole nato dalla fusione di Titti, soprannome di Maria Letizia Marricchi, mamma di Francesco e il suo amore per la Bandiera della Roma) che si è svolto sabato 2 e domenica 3 dicembre a Castel Giorgio, piccolo Borgo in provincia di Orvieto a 500 metri sul livello del mare.

Protagonista dell’evento la Scuola Calcio “Bimbi Sperduti” di San Prospero (MO) allenata da Mister Renzo Vergnani (coadiuvato da Francesco Ramunno per la preparazione dei portieri) e che ha raccolto 18 bambine e bambini con difficoltà motorie e cerebrali intorno ad un pallone.

Quando Renzo, allenatore Fispes (Federazione Italiana Sport Paralimpici e Sperimentali) con un lungo curriculum di commissario nella Nazionale amputati, due anni fa ha incontrato i “Bimbi sperduti” si sono riconosciuti subito, sia nel nome che nei valori.  

Renzo ha da sempre avuto una passione per l’inclusione e lo sviluppo personale: “La mia avventura è iniziata quando, da allenatore di ragazzi normodotati ho pensato di far giocare nella stessa squadra un bambino amputato che viveva nel mio paese. Tutto è iniziato nel CSI (Centro Sportivo Italiano, ndr), poi sono arrivato in Fispes facendo il Commissario Tecnico della Nazionale, dove abbiamo realizzato in Italia il primo Camp europeo di bambini amputati con 80 ragazzi da tutta Europa.”

E ai rivolge a loro con una attenzione maniacale, dove tutti sono importanti ma mai trattati con compatimento. “Ci sono giocatori più scarsi – continua Renzo – che sono mentalmente più presenti, che non mancano mai ad un allenamento, perché vogliono colmare la distanza con quelli più talentati. E ci sono pure dei ragazzi normodotati che non sembrano tali perché sono più impacciati e quindi meno valorizzati dai loro coach. Io non escludo nessuno e tantomeno incoraggio nessuno nel prendere altre strade. Tutti devono giocare”.

Quale sarebbe la strada per far sì che un progetto come questo possa essere replicato ovunque? Il Mister ha un’idea chiarissima: “Cominciando dalla nostra formazione: la disabilità dovrebbe essere un argomento fondamentale già nei corsi per gli allenatori

I BIMBI SPERDUTI

Il progetto, che prende il nome dei bambini di Peter Pan e guidato da Gianluca Ciuffreda e Marco Gelati, ha da sempre radunato giocatori di tutte le capacità, anche quelli non voluti da altre squadre, con il solo scopo di farli giocare a calcio, farli stare assieme e farli divertire.

“L’associazione nasce da un campo abbandonato a San Prospero (MO) – mi racconta Gianluca – nel 2018 dopo il terremoto. Allora con dei ragazzi miei ex allievi abbiamo vinto il bando e lo abbiamo preso in gestione. Da allora alleniamo oltre 130 ragazzini della scuola accanto per tre volte alla settimana.”

E il progetto dell’inclusività? “Quello è successo un po’ per caso, il 2 febbraio 2022 incontrando Renzo che allenava una squadra di ragazzi amputati. Grazie a un contatto con Elena Marchesini (che fa parte della società Wam Group, da sempre sostenitori di questa iniziativa, ndr) abbiamo messo insieme questo progetto perché, in fondo, le nostre finalità erano e sono le stesse: far fare sport a tutti, senza distinzioni. Oggi possiamo contare su una pedagogista, cinque laureati in scienze motorie e due allenatori qualificati. Insomma cerchiamo di fare le cose fatte bene. Poi con Renzo è uno spettacolo per come coinvolge i ragazzi!”

Oggi la squadra può vantare il primato di essere l’unica a far giocare insieme bimbi disabili e non (“Queste differenze sono problemi mentali nostri, ai bimbi se dai loro una palla e un campo non gliene frega niente del resto” – continua Gianluca). Perseverando ovviamente nella sua logica di non voler vincere ad ogni costo, perché “l’importante è unire, non dividere”.

In questa occasione ho avuto il piacere anche di conoscere Francesca Fedeli Presidente e Fondatrice di Fight the Stroke, Associazione che raccoglie ragazze e ragazzi nati con paresi cerebrali e che oggi conta oltre un migliaio di famiglie, molte delle quali presenti alla manifestazione.

LA PARTITA

La partita inizia alle 16.00 e vede la presenza di 22 ragazzi, tra amputati e affetti da ictus cerebrale. Ma di questi aspetti quasi non te ne accorgi. Vedi solo un gruppo chiassoso di piccoli calciatori scatenati, divisi in 4 squadre come nell’allenamento mattutino (integrati da alcune ragazzine provenienti dalla squadra rivale, normodotati del Gsd Alfina ‘Fabrizio Lupi’ (guidata dal Presidente Fausto Fabiani, dal dirigente Riccardo Zechender e dal responsabile della scuola calcio Davide Bartoccini). Sede del torneo è un attrezzatissimo palazzetto dello Sport, che fa quasi specie vedere in un centro abitato così piccolo, dove per tutto il pomeriggio del sabato i piccoli atleti hanno giocato divertendosi e divertendo gli adulti (genitori e non) che hanno assistito alle competizioni.

Già, i genitori. I veri diversi sono stati proprio loro. Nelle brevi interviste che mi hanno rilasciato con grande disponibilità, ho avvertito un grande senso di leggerezza, di voglia di stare insieme, di fare casino. Facevano complimenti a figli degli altri (incredibile per un il prototipo di “genitore alla partita del figlio”!), reclamavano ridendo l’intervento del VAR e dell’arbitro (entrambi assenti) quando non erano d’accordo sul gol subìto, oppure si gridavando vantandosi che il goleador di turno era il loro figlio!

Perché se la normalità non esiste, non esiste nemmeno la diversità, dico io. “ma solo la loro unicità!” mi corregge Mister Vergnani.

Al termine del torneo molti di loro si sono cimentati in una partitella di walking soccer con la sola idea di tornare un po’ bimbi anche loro. In formula mista uomini/donne ovviamente. Chi ha vinto? Non è dato saperlo.

E oltre alla voglia di divertirsi i genitori hanno soprattutto voglia di fare sistema, sempre.

Una mamma mi ha detto “Durante l’anno non ci scriviamo per raccontarci del tempo ma c’è sempre un tam tam di informazioni utili che ci scambiamo sia perché ci sentiamo tutti sulla stessa barca, sia perché queste informazioni spesso mancano da parte delle strutture preposte, che sono spesso poco organizzate”

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Ironia e serietà.

Se è vero che l’impegno di includerli è molto serio, si può sempre trovare il tempo di scherzare con loro. E l’ironia parte soprattutto dal campo.

Quando un giocatore perde la scarpa, l’allenatore invita gli altri a mettersi il casco per evitare infortuni, quando un altro gira con un bidone della spazzatura per far ridere i compagni, Renzo gli dice “guarda che devi giocare, mica fare la spesa!”

Ma la pace non c’è nemmeno quando Renzo è a tavola. Un corteo di bambini passa a turno per raccontargli una barzelletta, per fargli una battuta (c’era un ragazzino con un umorismo molto british) oppure parlargli solo in corsivo come ha deciso di fare una adolescente scatenata.

E se chiedi ai genitori un difetto del loro figlio, anche qui scappa un sorriso: chi dice che è polemico, chi lo definisce un pignolo, chi un capriccioso.

Un papà mi ha chiesto “quanto tempo hai per elencarteli tutti?” mentre un altro, sapendo che il suo ha capacità dialettiche già molto affinate mi dice, fintamente preoccupato, “ha capacità manipolatorie che non pensavo, spero solo non diventi un serial killer!”

Tutti o quasi mi hanno detto che stanno cominciando a soffrire per l’avvicinarsi dell’adolescenza. Ma questo riguarda tutti e prima o poi passa, forse.

Ma il vero comune denominatore di tutti i genitori intervistati è stata la parola determinazione: “Non si ferma mai, cerca sempre di superare i suoi limiti, e ha ragione, ce la fa sempre!” questa è stata forse la frase più ricorrente pronunciata con commozione e orgoglio. E quando pensi alle tue difficoltà quotidiane e vedi questi piccoli fenomeni descritti cosi, ti accorgi di quanto siano sproporzionate le tue valutazioni.

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LE PREMIAZIONI

Non esiste torneo senza trofeo. E così la domenica mattina, cosa si è inventato Francesco Conticelli?
Una medaglia, ma questa volta fatta di argilla. Dopo la bella idea dello scorso anno di piantare dei cipressi per ognuno dei calciatori presenti davanti alla omonima Bottega di Francesco e del suo babbo Stefano, titolare dell’azienda, quest’anno la “cerimonia di premiazione” si è svolta da Federico Bartoccini, vivacissimo imprenditore che vent’anni fa ha deciso di aprire la sua fornace “L’Arte Del Cotto”, dove cuoce e sforna mattonelle di argilla rossa, estratta proprio nei campi vicini all’ azienda, quindi è davvero il caso di parlare di una produzione a meno di 0 km!
E con un processo produttivo molto sostenibile che sfrutta il calore del forno per scaldare la pavimentazione (dove sono posate le piastrelle ad asciugare) e l’acqua di recupero per la lavorazione (a mano!) dell’argilla.
Tutti i ragazzi hanno impresso la loro orma nella malta, creando una mattonella personalizzata con il loro nome. E c’è anche chi ha pensato di imprimere anche la zampa del suo cane, inseparabile compagno di questo viaggio!
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È stata un’esperienza emozionante, commovente e che mi ha fatto vedere le persone da un’ottica diversa: quella di chi non si arrende, di chi guarda sempre avanti e lo fa con grande energia.

Una cosa però non la ho mai provata: il compatimento. Per quello non c’è stato spazio.

Forse perché i genitori trovano in queste occasioni l’ambiente per stare bene, forse perché non sentono il bisogno di autocommiserarsi e perché trovano empatia dalle altre famiglie. Una mamma mi ha detto durante la partita “Il dolore sicuramente ci accomuna, ma la ferita del tuo prossimo è una ricchezza anche per me”. E sicuramente perché, come mi ha detto un altro papà, “Li stiamo preparando a diventare gli uomini e le donne di domani e dovranno essere forti

E i bimbi, tra di loro, non si compatiscono ma giocano senza differenze.

E anche il senso di gratitudine è stato un sentimento provato più volte in questi giorni. La mia sicuramente verso queste persone ma anche da parte di questi papà e di queste mamme verso i loro figli mi ha molto sorpreso.

Una coppia mi ha parlato di aiuto “ricevuto”, più che di aiuto “dato”. Il loro ragazzino, una volta presa coscienza della sua disabilità (arrivata dopo qualche anno dalla nascita) ha dimostrato una determinazione e una vitalità che li ha aiutati ad aiutarlo. E loro gli erano molto grati. Energia peraltro vista anche in campo a giudicare da come correva.

E in fondo si può stare insieme anche a livelli di bravura diversi. Un papà mi ha indicato suo figlio, poi mi ha indicato anche il gemello. E mi ha detto “Vedi? Uno dei due ha dei problemi, l’altro no, però trovano, in eventi come questi, l’occasione per giocare finalmente nella sua stessa squadra!”

E come tutti noi, che emulavamo i più grandi, anche i bimbi sperduti, si atteggiano, giocano, passano trionfanti sotto alla curva dei tifosi e si accasciano come fanno i giocatori professionisti, fingendo spudoratamente falli e dolori da impatto. Scene da Gialappa’ show.

La due giorni è terminata alla domenica con il pranzo finale.

Emozioni finite quindi? Manco a dirlo. Uno degli atleti più grandi, con i suoi baffetti da adolescente che porta orgogliosamente, ha preso la parola interrompendo il pranzo e leggendo un messaggio di ringraziamento per i suoi compagni e per i genitori.

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E adesso?

Si riparte per andare a casa. “Giornate belle e inclusive” come le ha definite una mamma con il suo bell’accento bergamasco. Ma adesso che si riparte cosa succede?

Le strutture ci sono ma non sempre sono adeguate” mi dice con gli occhi lucidi.

E ancora “A Roma un centro paraolimpico c’è ma la strada per unirli ai normodotati è lunga” mi racconta invece un papà proveniente dalla Capitale.

Ci vorrebbe più promozione delle attività sportive anche da parte dei Centri che fanno fisioterapia” si lamenta rammaricata una mamma che vorrebbe maggior informazione per le famiglie in difficoltà.

Insomma il percorso per arrivare al modello dei “Bimbi sperduti” è ancora in divenire.

Cosa si impara a stare con le famiglie dei bimbi sperduti

Concludo questo racconto, sperando di essermi avvicinato almeno un po’ a questo meraviglioso mondo fatto di speranza, forza e determinazione con alcune frasi che mi hanno detto e che voglio raccogliere cosi:

  • Considerare la disabilità in modo diverso:
    • “Siamo tutti disabili, ognuno con le proprie difficoltà. “
    • “Non dovremmo parlare di disabilità, ma solo di possibilità. “
    • “Integrare disabilità con normalità aiuta tutti.

 

  • Lo sport come aiuto per superare le difficoltà:
    • “Chi vince non è chi non cade mai ma è proprio quello che cade ed è capace di rialzarsi che sta vincendo”.
    • “Dai il massimo in quello che fai, non ti preoccupare solo di vincere o di perdere.”
    • “Nessuno sconto, nessun compatimento”
    • “Questi bambini non sono fragili, non si rompono. E amano giocare con i bambini normodotati

 

  • Insieme si vince:
    • “Il dolore ci accomuna e nel dolore ci si aiuta”
    • ” Il benessere dell’altro ci dà sollievo”
    • “Siamo forti solo se siamo insieme e il calcio rappresenta questa inclusione

 

  • Oltre Bimbi sperduti
    • “Nella società comune la competizione è più importante del benessere e l’accettazione”
    • “Le strutture italiane spesso non sono ancora pronte per una vera inclusione

I protagonisti dell’evento

E come tutti i bei film è d’obbligo citare i protagonisti, partendo proprio da loro:

  • Bruno Bono
  • Cristiano Guarducci
  • Daniele d’Adda
  • Deanna Ottobre
  • Enea Ficulle
  • Gabriele martella
  • Gaia Serra
  • Giosuè Gibellini
  • Leonardo Mazzon
  • Lorenzo Bertini
  • Lorenzo Vai
  • Luca Loda
  • Luca Serra
  • Mario D’Angelo
  • Mattia bracciali
  • Mattia Ravizza
  • Patrizio Fasciolo
  • Riccardo Santomaglio
  • Samuel Morelli
  • Santiago Contardi
  • Subhan Giuliana
  • Tommaso Ravizza

E il loro staff:

  • Elena Marchesini
  • Federico Bartoccini
  • Francesca Fedeli
  • Francesco Conticelli
  • Francesco Ramunno
  • Gianluca Ciuffreda
  • Marco Gelati
  • Renzo Vergnani
  • Sara Fattori
  • Stefano Conticelli

Infine cito il mio Border collie Hugo che ho pensato di portare con me in questo viaggio. Oltre a trovare particolarmente affascinanti le pozzanghere intorno al campo di allenamento, ha dispensato coccole, leccate e giochi a tutti. Senza differenze.

CREDETECI PERCHÉ SI PUÒ FARE!

Guglielmo Mauti